«Abbiamo scelto, in accordo con gli amministratori della Valdinievole, di presentare dei prodotti che non sono soltanto tipici, ma anche esclusivi della Valdinievole. Il primo è il fagiolo di Sorana, che è uno dei pochissimi fagioli che ha ottenuto un riconoscimento Igp. Gli altri sono prodotti dolciari che sono prodotti da artigiani della Valdinievole: il brigidino di Lamporecchio e la cialda di Montecatini».
A spiegarlo, Giuliano Calvetti, rappresentante del comitato dello Slow Food Valdinievole, durante l’appuntamento del 25 gennaio all’Accademia dei Georgofili di Firenze con il progetto “I territori della Toscana e i loro prodotti”, dedicato in questa occasione al territorio della provincia di Pistoia: dalla piana, alla montagna sino alla Valdinievole. Il progetto, promosso dai Georgofili e Anci Toscana con il patrocinio di Unicoop Firenze, mira a «diffondere oltre ai confini territoriali la conoscenza delle produzioni tipiche e delle varietà locali», nella convinzione della «potenzialità economica» e delle ricadute positive sul territorio di tale «operazione di diffusione della conoscenza dei prodotti “nascosti” e tradizionali».
Un’iniziativa che ha fra gli scopi principali, come ha detto il presidente dell’Accademia dei Georgofili Giampiero Maracchi, quello di favorire «l’incontro tra produzione e distribuzione», con riferimento in particolare alla gdo (la grande distribuzione organizzata). Concetto ribadito nella sua relazione da Franco Cioni, di Unicoop Firenze, che ha ricordato che nelle Coop in Toscana «il 23% del totale acquistato proviene da fornitori toscani per un valore complessivo di 454 milioni di euro» e ha fatto sapere che nell’area pistoiese, nel 2017, le vendite finali sono state pari a 231 milioni di euro, con «acquisti presso 80 imprese pistoiesi per 65 milioni di euro». Non solo, Cioni ha annunciato che Unicoop ha già «contrattualizzato» per il 2018 circa 200 nuovi piccoli fornitori in Toscana scelti per la propensione all’innovazione: «saranno suddivisi, a partire da ottobre, nei negozi in base alle aree enogastronomiche di pertinenza». «Non è un impegno banale – ha chiosato Cioni – perché sono stati necessari centinaia di incontri». Oltre agli impegni commerciali, Unicoop ha programmato numerosi eventi divulgativi «per far conoscere i vari territori anche nelle altre zone della Toscana» e sono previste pubblicazioni.
Intanto ieri è stato presentato da Fabio Voller dell’Agenzia regionale di sanità della Toscana, nella sua relazione “Prodotti e ricette nella Piramide Alimentare Toscana”, il libro ‘Cucina Toscana – ricette e salute’ (nelle librerie dal novembre del 2017), a cui si è arrivati dopo aver censito 4 mila ricette toscane e dopo un accurato lavoro di selezione e analisi dal punto di vista nutrizionale. «Per ogni ricetta – ha detto Voller – ci sono le note di salute», nell’ottica della nutraceutica, ovvero lo studio delle sostanze contenute nei prodotti alimentari che hanno valori benefici per la salute» su cui ha parlato Manuela Giovannetti, direttore del Centro Nutrafood dell’Università di Pisa. Come è emerso dalla slide di Voller dedicata alla piramide alimentare dei prodotti tipici di Pistoia, due dei tre prodotti tipici della Valdinievole presentati, vale a dire la cialda di Montecatini o il brigidino (ma anche il berlingozzo) di Lamporecchio, sono in cima alla piramide, al 6° livello, quello dei prodotti che è bene consumare con molta parsimonia. Mentre il fagiolo di Sorana è al 3° livello e può essere mangiato più frequentemente e in quantità maggiori, anche se non così tanto come alcuni cereali e verdure collocati al 1° livello. Cosa non sorprendente, per i primi due alimenti, visto che si tratta di dolci; uno dei pochi dolci a non stare in cima alla piramide, ma al 3° livello, è il castagnaccio, altro prodotto tipico del pistoiese.
Ma vediamo, in estrema sintesi, le schede illustrative dei tre prodotti tipici della Valdinievole presentati all’incontro di ieri presso i Georgofili, durante il quale la Valdinievole è stata rappresentata direttamente, oltre che da Giuliano Calvetti, da Marco Borgioli, sindaco del Comune di Chiesina Uzzanese, lì in veste di vice presidente della Società della Salute Valdinievole, e indirettamente dal consigliere regionale Marco Niccolai, intervenuto in sostituzione dell’assessore regionale all’agricoltura Marco Remaschi. Ricordiamo che si tratta di due Pat, cioè prodotti agroalimentari tradizionali inseriti nell’elenco ufficiale del Ministero delle politiche agricole, e di una Igp (Indicazione geografica protetta).
Il brigidino di Lamporecchio (Pat) è una cialda rotonda, del diametro di circa 7 cm, fine come un’ostia ed arricciata ai bordi. Ha colore giallo-arancione e consistenza molto friabile e croccante. Il sapore è quello della pasta frolla e dell’anice. Il prodotto deve la sua tradizionalità alla specifica combinazione degli ingredienti, alla particolarità del gusto e all’originale tecnica di produzione. La produzione iniziò a Lamporecchio nel periodo rinascimentale e da allora la ricetta si è tramandata di generazione in generazione dando vita a molte botteghe specializzate nel brigidino.
Le cialde di Montecatini (Pat) hanno una forma discoidale e una consistenza compatta ma friabile. Sono caratterizzate da un leggero color nocciola e da un forte odore di mandorla; il sapore è molto dolce, ricorda quello del wafer. Vengono impastati latte, tuorli d’uova e farina tipo “00”. Dall’impasto si forma due sfoglie su cui si dispone il ripieno di mandorle pugliesi e zucchero. Il tutto viene cotto in forno. Si consumano da sole o con il gelato. Sono nate negli anni Venti del ‘900 in seguito all’iniziativa di una famiglia di ebrei cecoslovacchi che allestirono un laboratorio di pasticceria in città. Come ha spiegato Calvetti, provenivano da Marienbad, uno dei tre centri termali più importanti in Europa all’epoca. Furono costretti dalle leggi razziali a vendere e fuggire dall’Italia. A rilevare il laboratorio fu un montecatinese, Bargilli, che rielaborò il biscotto originario, trasformandolo secondo la ricetta seguita tutt’oggi.
Il fagiolo di Sorana Igp è coltivato in un’area di circa 660 ettari lungo entrambi i versanti del torrente Pescia di Pontito per circa 4,5 km fra gli abitati di Stiappa, Castelvecchio e Sorana. I fagioli arrivarono dall’America insieme al mais e furono subito accettati. Era una coltura che richiedeva grande disponibilità d’acqua e si diffuse in Toscana nelle aree bonificate tra il ‘500 e il ‘600. Nella zona di Sorana il fagiolo era coltivato in fazzoletti di terra lungo il greto dei torrenti o fra i fossi e i poggi, protetti dalle piene delle acque da muretti e canalizzazioni. Il fagiolo bianco di Sorana si distingue per la buccia sottile, quasi inconsistente, che non si stacca durante la cottura. Questi fagioli hanno bisogno di essere messi a bagno per alcune ore in acqua di fonte, quindi si devono cuocere lentamente con poche foglie di salvia, uno spicchio di aglio e un po’ di olio extravergine d’oliva. Una loro caratteristica è l’estrema digeribilità.
Lorenzo Sandiford
Il M5S risponde così a Roviezzo: «Ci dispiace dover ancora constatare che, forse a causa del doppio incarico rivestito, lo stesso appaia così distratto e non abbia seguito attentamente quello che è stato detto, dai nostri portavoce, in Consiglio. Se avesse ascoltato avrebbe certamente capito che siamo a favore dell'ampliamento dello stabilimento termale e della costruzione dell'adiacente area multifunzionale. Restiamo invece molto critici sul modo e sul progetto attraverso il quale questa verrà realizzato.»
Il consigliere Natali ha messo in evidenza il fatto che detta area, realizzata come da progetto, ha costi di costruzione e di gestione eccessivi che potrebbero essere ridimensionati. Ed ha suggerito possibili migliorie. «Perché non accogliere suggerimenti di buonsenso se questi vanno a favore di tutta la comunità? Stiamo parlando di soldi pubblici che, se risparmiati, possono essere impiegati in altre criticità di Monsummano.»
Il Movimento accusa poi il PD di mistificare la verità attraverso «vani escamotage finalizzati a mettersi in mostra e risplendere di luce riflessa. A nostro avviso la Politica, quella con la P maiuscola, ed i cittadini di Monsummano, meritano altro.»
Redazione
Per Oreste Giurlani, arrestato lo scorso giugno mentre era sindaco del Pd a Pescia per reati riguardanti la sua precedente carica di presidente dell'Uncem Toscana (unione delle comunità montane) è arrivata la richiesta di rinvio a giudizio da parte del pm Tommaso Coletta. L'accusa principale è peculato: tra il 2012 e il 2016 Giurlani si sarebbe appropriato indebitamente di 724.331 € di denaro pubblico dai conti bancari dell'Uncem. Conti di cui aveva disponibilità.
Secondo le indagini della guardia di finanza, entrando nello specifico, si parla di 338.784 € senza giustificativi; 241.784 € come rimborsi spese "autocertificati" senza documentazione e gonfiati negli importi (come ad esempio l'acquisto di carburante per 11-12.000 chilometri al mese, ma anche l'acquisto di beni personali come cappotti da donna, telefoni cellulari attrezzature sportive); 143.960 € per contratti di collaborazione e consulenze «effettuate su incarico da lui stesso a sé medesimo conferito, rispetto alle quali non aveva svolto alcuna attività aggiuntiva rispetto a quelle istituzionali».
Altra accusa è quella di traffico di influenze illecite in concorso con l'imprenditore di Prato, Andrea Carlo Breschi: Giurlani, nel 2012, utilizzando la rete di relazioni con i Comuni aderenti all'Uncem, avrebbe ricevuto dall'imprenditore 39.000 € come mediazione illecita per piazzare presso enti pubblici e la Rete telematica regionale della Toscana, un prodotto informatico dello stesso Breschi. Uncem e Comune di Pescia potrebbero costituirsi parte offesa.
Redazione
«Il Credito Valdinievole già sviluppava la propria attività in Valdinievole e nelle Province di Pisa e Livorno con la fusione a suo tempo con la Banca di Bientina, adesso dopo l’aggregazione con VIBanca è nato un istituto che abbraccerà un’altra zona di rilievo qual è quella di Pistoia. Siamo felici di aver portato in fondo questo processo che è di grande valore per i nostri dipendenti, per i soci, per le persone e le aziende del nostro territorio a cui dedichiamo una Banca forte e solida. Molto spesso dopo queste unioni sembra che si possa sbandierare chissà cosa, noi invece diciamo che vogliamo continuare a fare con umiltà. Rimanere umili vuol dire rimanere con i piedi ben piantati in terra, consci delle nostre possibilità e delle nostre forze per sviluppare sempre più il nostro modo di essere banca vicina alle persone e alle imprese, una banca di relazione col territorio per sostenerlo e farlo crescere» dichiara il presidente Alessandro Belloni.
Il direttore generale Andrea Cleto Rindi ha voluto sottolineare la radicalizzazione capillare sul territorio con numeri che saranno un ulteriore stimolo per ViVal Banca. «La banca insiste su 49 Comuni in 6 Province diverse per un totale di oltre un milione di abitanti. Ha 6.000 soci, 19 filiali, 32.ooo clienti e 200 dipendenti. Ha una storia importante alle spalle: il Credito Valdinievole e la Banca di Bientina hanno 60 anni, VIBanca 107 anni. Tutte hanno una storia legata in maniera indissolubile allo sviluppo sociale ed economico del territorio a cui si riferivano prima singolarmente e adesso come ViVal Banca noi ci impegneremo a proseguire questa storia».
Il vice presidente Stefano Sala ha aggiunto: «Si è trattato di un processo aggregativo che ha coinvolto tutto il personale, tutti i gruppi di lavoro della Banca, in una serie di passaggi precisi per ottemperare ai requisiti richiesti. Vicinanza al territorio può apparire una definizione abusata, ma per noi è effettivamente l’obiettivo sempre perseguito nel passato e che sarà perseguito nel presente e nel futuro».
Sulla stessa lunghezza d’onda il vice direttore Roberto Cresci: «Tra Credito Valdinievole e VIBanca c’è sempre stato feeling in un rapporto di amicizia anche a banche separate quando ci siamo confrontati sulle varie situazioni, così quando abbiamo avuto la possibilità di valutare questa aggregazione, l’abbiamo subito sposata consapevoli di poter continuare ad avere un ruolo importante sulla vita dei cittadini e delle aziende del nostro territorio».
Redazione
Partendo da un pomeriggio passato al Teatro Pacini, in occasione della messa in scena de "Il Barbiere di Siviglia", Francesco Conforti, il candidato a sindaco di Pescia della coalizione di centrodestra, riflette sul depauperamento della cultura in città a causa, soprattutto, di iniziative mal pianificate.
«Ieri ho passato il pomeriggio con mia moglie al Teatro Pacini per assistere a "Il Barbiere di Siviglia", messo in scena dalla Compagnia Lirica Livornese. Pur apprezzando l'impegno ammirevole degli interpreti, devo rivelare che si trattava, purtroppo, di una riduzione dell'opera originale, con l'accompagnamento di un solo pianoforte. Anche se a sostenere la scena ci sono le arie famose e la musica di Rossini, ritengo che si debba investire di più nella miglior rappresentazione possibile di queste opere. Una programmazione pianificata per l'arricchimento di tutti e per il prestigio del nostro stesso Teatro.»
Così Francesco Conforti prende spunto per una riflessione più ampia sullo stato della cultura in città, sempre più impoverita da iniziative mal pianificate, figlie di una mancata visione complessiva sul tema. Non è dunque sufficiente evitare sovrapposizioni tra manifestazioni, che, nel caso di utenti di tipo differente, potrebbe anche darsi, ma serve soprattutto pianificare e comunicare con il giusto anticipo.
Una pianificazione culturale, degna della città di Pescia, deve prevedere sistemi di comunicazione multicanale e permettere a tutti di partecipare attivamente alle varie iniziative. Sono infatti numerose le associazioni culturali della città, da quelle musicali a quelle dei rioni, e tutte meritano il loro spazio nella programmazione.
Redazione