Dopo la nuova interrogazione su uso e gestione dell’ex Mercato dei Fiori, torna il nodo mai sciolto: quale visione per la Pescia di domani?
A Pescia le interrogazioni tornano come le stagioni. E tornano anche sugli stessi temi: l’uso dell’ex Mercato dei Fiori, la gestione, i costi, i bandi, le aiuole e perfino le siepi. Questa volta la firma è doppia: Spelletti e Pescia Cambia. Ma lo spartito è quello già suonato ad agosto 2024, quando lo stesso gruppo aveva chiesto chiarimenti sull’utilizzo della struttura.
Il che, diciamolo, non è necessariamente un male. Perché le domande, se restano senza risposta, è giusto ripeterle. E questa struttura, così bella e così dimenticata, continua a dividere: c’è chi la vede come un contenitore per tutto — mostre, fiere, festival, raduni — e chi, come me (onestamente non so chi altro e non m’importa granché), la considera un luogo che meriterebbe soprattutto rispetto.
Ieri sera, tornando tardi in città, ho avuto un piccolo sussulto: i bossi davanti all’ex Mercato, dopo anni di abbandono, erano finalmente potati. Poi, in redazione, ho letto il comunicato stampa di Spelletti e ho capito. Resta però la domanda di fondo: possibile che un edificio riconosciuto a livello mondiale per il suo valore architettonico debba convivere con attività improvvisate, aiuole di fortuna e soluzioni “tamarre”?
Ricordo — a tal proposito — una serie di riunioni in Comune, sulla gestione del verde, mi pare febbraio 2024. Il sindaco mi chiese cosa pensassi della struttura. Risposi provocatoriamente che io l’avrei lasciata vuota. Non per disprezzo, ma per rispetto. Perché certe architetture non si riempiono: si contemplano.
Sul verde, dissi allora (e lo ripeto oggi), che senza una programmazione vera, fatta di progettazione e di una visione paesaggistica coerente con l’idea di città dell’amministrazione, meglio il cemento che l’incuria: meglio uno spazio fruibile e pulito che un’aiuola promessa e mai curata. Del resto, sette aiuole da cinquanta metri l’una fanno 350 metri quadrati: se non sono davvero spettacolari, è un autogol. D’altronde, Pescia era la Città dei Fiori e oggi è anche la città delle piante — olivi e agrumi in testa, senza dimenticare l’ornamentale: un motivo in più per evitare il “verde di circostanza” e pretendere qualità (non bastano due piante per sentirsi paesaggisti...).
Non è certo se l’aiuola frontale — quella citata anche nell’interrogazione — rientri tra queste sette, ma una è stata affidata all’Istituto Agrario “Dionisio Anzilotti”. Vi invito davvero ad andarla a vedere. In una di quelle riunioni, dedicate alla (fantomatica) gestione delle aree verdi dentro il Mercato — e non solo — dissi chiaramente che l’Anzilotti, con ragazzi ancora in formazione, da solo non avrebbe potuto reggere un progetto di tale complessità.
Proposi allora un’idea diversa: coinvolgere gli studenti sulla comunicazione, con pannelli e materiali informativi, creando contatto e confronto con i paesaggisti. Oggi, dopo il Covid e la DAD — che sulla formazione ha lasciato più di un graffio — basta una telecamera per far dialogare studenti e professionisti da mezzo mondo (quando la scuola serve, la tecnologia aiuta; quando non serve, fa solo scena).
La progettazione paesaggistica poteva invece passare da un bando internazionale per giovani paesaggisti. I progetti, esposti sotto la grande copertura del Mercato, sarebbero stati visibili alla città: un percorso pubblico di confronto e bellezza. Poi una commissione tecnica avrebbe scelto il migliore; nel frattempo Pescia avrebbe visto il proprio futuro esposto, raccontato, discusso — e i ragazzi dell’Anzilotti avrebbero imparato da chi, un giorno, potrebbero affiancare da professionisti. Mi fu risposto che non c’erano i tempi. Oggi posso domadare: da febbraio 2024 a ottobre 2025: che cosa si è fatto?
D’altronde, la storia dell’edificio lo insegna. Nel 1948 l’Amministrazione comunale bandì un concorso per il nuovo mercato, vinto da un gruppo di giovani architetti fiorentini, allievi di Giovanni Michelucci: Giuseppe Gori, Leonardo Ricci, Leonardo Savioli, con Emilio Brizzi ed Enzo Gori. Il progetto prevedeva una “piazza” per le contrattazioni di 73×24 metri, coperta da un’unica grande volta SAP in laterizio armato prefabbricato. Un’architettura nata dal coraggio dei giovani. E questo, più di tutto, dovrebbe insegnarci qualcosa.
Già a marzo 2024, un’associazione di categoria — come ricordava un articolo di Valdinievole.news (link qui) — aveva chiesto linee guida generali per la progettazione del verde urbano, sottolineando l’esigenza di una visione complessiva e coordinata.
Ed è proprio qui il punto: Pescia non ha bisogno solo di regole per l’uso degli spazi, ma di un’idea di città. Una visione da costruire oggi e da mantenere nei prossimi dieci o vent’anni. Un Comune che pianifica con intelligenza culturale valorizza i suoi luoghi di pregio — e a Pescia ce ne sono molti — trasformandoli in spazi curati, vissuti e rispettati da chi conosce davvero il mestiere.
Perché alzare il livello culturale non è un esercizio di stile: significa aumentare il valore complessivo della città, la qualità della vita e il rispetto per ciò che siamo stati e potremmo ancora essere.
E forse, solo allora, non ci sarà più bisogno di interrogazioni per ricordarci di potare una siepe — o di ripensare, per l’ennesima volta, come programmare gli spazi sotto l’ex Mercato dei Fiori.
Permettetemi una nota personale: temo che Pescia stia perdendo un treno — quello del turismo intelligente, oggi driver fondamentale di sviluppo. I numeri parlano chiaro: flussi in crescita, un territorio baricentrico tra Firenze e Pisa, una città di mezzo, verde, tranquilla, accessibile e a misura d’uomo. Il compito, adesso, è destagionalizzare, alzare la qualità, costruire un’identità attrattiva. Non siamo Lucca — ed è vero — ma non pochi turisti mi hanno confidato che Lucca, per eccesso di turismo, è diventata invivibile.
La misura, insieme alla cultura, al paesaggio e al turismo naturalistico e lento, può essere l’altra strada che Pescia sceglie per ritrovare sé stessa.
Quella visione, in fondo, esiste già.
Ma serve il coraggio di riconoscerla.
E serve adesso.