Aperitivo in terrazza con Sciatò
Il precedente incontro del Serendepico in provincia di Lucca due anni fa, aveva lasciato un conto in sospeso fra le cucine dei due capoluoghi che ora aspetta di essere onorato.
Questa è la versione Fiorentina la versione Universale e che Lucca ha vinto.
La disfida si terrà in territorio neutrale, a metà strada, a Serravalle Alto, in provincia di Pistoia. A ospitarla sarà lo Sciatò, il Ristorante guidato da Massimo Neri che, grazie alla cucina a vista renderò lo spettacolo pe il pubblico ancora più emozionante.
Al resident chef spetteranno l’onore e l’onere di servire il piatto di benvenuto e introdurre così i dieci chef, per un totale di 11 portate.
Per Firenze cucineranno Giovanna Iorio delle Murate, Beatrice Segoni del Bsj, Matteo Lorenzini e Tommaso Vermi delle Tre Lune, Vito Mollica del Palagio del Four Seasons e il caposquadra Luca Cai del Magazzino.
Per Lucca invece Cristiano Tomei dell’Imbuto, il caposquadra Damiano Donati di Vigna Ilaria, Chiara Gambacorti e Betty Gemignani fattoria la Torre, Gaio Giannelli del Pozzo di Bugia e Andrea Mattei La Magnolia Hotel Byron.
Sui piatti c’è ancora il più stretto riserbo, in base al tema si sa soltanto che saranno frattaglie, senza altre indicazione.
I vini saranno compresi e anche quelli scelti tra Firenze e Lucca, in attesa delle ultime conferme potrebbero essere due distretti biologici e biodinamici.
Il prezzo della serata è di 50 euro a persona comprensive appunto di 11 portate e i vini. A decretare il vincitore sarà la giuria mista presieduta da un grande gourmet super partes. Cinquanta circa i posti disponibili.
Redazione Floraviva
Così, nel 1968, Leonardo Savioli presenta a Casabella i più interessanti risultati del suo corso di architettura degli interni appena concluso all’Università di Firenze, sulla traccia di uno spazio per lo spettacolo ed il divertimento – un Piper – da regalare al capoluogo toscano. Tema che divenne pretesto per l’indagine di nuove soluzioni spaziali, generate dal rapporto tra progetto e fruitori, nell’istanza di un oggetto architettonico privo di inderogabili vincoli, e che si prestò a matrice per la successiva ricerca progettuale dello stesso Savioli.
Nel 1971, questi presenta con Santi una proposta per una struttura urbana nell’ambito del concorso di Cannes, raccontato da Fabrizio Brunetti come “uno studio di notevole interesse, impostato sul principio della coincidenza tra maglia modulare e suolo artificiale intesa come presupposto di una crescita omnidirezionale dell’organismo e di una disposizione libera ed integrata delle diverse funzioni”. Un tessuto vivo, capace di organizzarsi ed autoprogettarsi sull’interazione coi cittadini, in cui leggere il compimento delle risposte al tema della flessibilità urbana che il bando di concorso per il Nuovo Mercato dei Fiori di Pescia richiedeva ai progettisti nel 1970.
Concorso vinto dagli stessi Savioli e Santi con un’opera impostata sulle esperienze didattiche del Piper, le quali, transitando proprio attraverso il progetto del Mercato dei Fiori, articolano una concreta e più matura mentalità progettuale nella struttura proposta a Cannes.
La necessità di una spazialità modulare e flessibile, aperta alle potenzialità del divenire e a sviluppi venturi, viene risolta da Savioli con una grande piazza sospesa a recinto della sala delle contrattazioni, uno spazio monumentale e volumetricamente categorico che viene animato e umanizzato quotidianamente dai profumi delle varietà floreali.
La nerboruta struttura high tech della copertura testimonia l’interesse verso le esperienze di Archigram e Cedric Price che, tra gli altri celebri risultati, hanno condotto al progetto per il Centre Pompidou e che nel Mercato dei Fiori assumono una connotazione quasi ontologica, impostata sull’interazione tra edificio e utenti, sulla spontaneità progettuale dell’oggetto architettonico e sulla sua capacità di dialogare con la città, divenendo un dispositivo urbano flessibile.
A contraltare, la brutalità del basamento in cemento armato denuda quell’anima tettonica, indisciplinata e materica osservata da Zevi nel 1971: “Savioli possiede due anime: quella del fiorentino innamorato della Rinascenza, del calcolo, della composizione precisa ed elegante, dei modi formali capaci di animare un elaborato diagrammatico; e quella opposta, che respinge il bel disegno e sconvolge la geometria degli spazi e volumi.”
Un progetto equilibrato nella sua estrema bipolarità, totale e compiuto nel suo funzionamento al punto da essere nominato “La macchina di Flora” da Adolfo Natalini, non senza una vena d’ironia: “Flora era il motto con cui partecipava al concorso del 1970, dove la dedica, oltre che ai fiori, era per Flora, la moglie di Savioli. Destino dei nomi: Leonardo, innamorato di Flora, le dedica una macchina, lui che non ne ha mai guidata una”.
Una macchina che forse Savioli dedica anche a Pescia e al suo territorio, che deve oggi raccogliere la sfida di rispondere con intelligenza agli usi che la contemporaneità e il lascito avanguardistico inteso a partire dal Piper impongono a tributo.
Testo di Alberto Francini con la collaborazione di Filippo Pozzoli, foto di Alberto Francini
Fonte: www.abitare.it
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