L’assessore alla montagna di Pescia Marco Della Felice spiega gli elementi centrali del percorso progettuale delineato e il tipo di richieste avanzate dai privati al seminario dell’8 aprile sulla “Riqualificazione economica della montagna: da Pescia all’Appennino Pistoiese”. A maggio esce il bando del Pif agricolo e a luglio quello per le attività forestali.
Un percorso progettuale per la valorizzazione economica della montagna che avrà al centro un Pif dedicato alla filiera del bosco e all’uso pianificato delle biomasse legnose a fini energetici nei Comuni di Pescia, Piteglio e San Marcello. Con l’ipotesi di un impianto di cogenerazione in un edificio altamente energivoro dell’area urbana di Pescia e di un altro in montagna a Piteglio o San Marcello. E poi l’incentivazione dell’uso di caldaie a biomasse legnose di ultima concezione, in cui l’emissione di Pm10 è quasi azzerata, al posto dei vecchi riscaldamenti a gasolio o di altro genere, nelle abitazioni o imprese dei privati residenti in montagna in cambio di un forte sconto sull’acquisto del pellet prodotto in zona.
Questo, in sintesi, il cuore del piano di sviluppo che emerge da un colloquio con l’assessore alla montagna e all’agricoltura del Comune di Pescia Marco Della Felice al termine del seminario di sabato scorso al Villaggio Albergo di San Lorenzo sul “Progetto di riqualificazione economica della montagna: da Pescia all’Appennino Pistoiese”. Un percorso di sviluppo che è stato messo nero su bianco lo scorso dicembre in un protocollo d’intesa fra i Comuni di Pescia, Piteglio e San Marcello, e che potrebbe estendersi in tutta la montagna pistoiese. Ma che non pare esaurirsi nella valorizzazione della filiera del legno o nella creazione di un vero e proprio distretto agroenergetico. Dato che, proprio al seminario dell’8 aprile, alcune imprese private, ha fatto sapere l’assessore Della Felice, hanno manifestato l’interesse per partecipare al bando dei Pif dell’agricoltura, distinto da quello delle attività forestali, per tentare di valorizzare l’agricoltura e frutticoltura montana, con particolare attenzione alla filiera del castagno. Per cui i Pif a cui il Comune di Pescia potrebbe lavorare entro questa cornice progettuale della riqualificazione della montagna potrebbero diventare due. Se ci saranno i tempi tecnici per partecipare ai bandi regionali e la massa critica di imprenditori agricoli interessati necessaria ad attivarli con speranza di successo.
Ma vediamo cosa ci ha detto sabato scorso Marco Della Felice, a cominciare dalle ragioni che hanno spinto il Comune di Pescia guidato da Oreste Giurlani a intraprendere un tentativo così articolato di rilancio del territorio montano e a orientarlo in tale direzione.
«Siamo partiti dalla rilevazione di tutta una serie di bisogni, da una fotografia del territorio. E non soltanto di un Comune, ma che parte da Pescia passa da Piteglio e arriva a San Marcello, e va anche oltre perché non ci siamo limitati ad analizzare questo contesto ma ci siamo spinti su tutto l’Appennino pistoiese. E lì dentro siamo andati a vedere, fra i tanti punti critici, quali potessero essere le principali potenzialità, i punti di forza. E abbiamo visto che il primo in assoluto è la risorsa del patrimonio forestale, che fino ad oggi è stato visto e utilizzato solo per la risorsa classica del taglio della legna, non effettuato però in maniera coordinata, perché abbiamo visto che in questi territori un piano unico di gestione del bosco non c’è, quindi non c’è una strategia coordinata della manutenzione forestale. Ma intervenire in maniera organizzata all’interno delle aree boscate porterà tutta una serie di vantaggi, e ciò continuando a fare le attività che si fanno oggi, perché nessuno le ha messe in discussione, ma aggiungendone altre».
Quali?
«La principale è la risorsa energetica che arriva dal materiale legnoso del bosco e questo non significherà andare a fare praterie nei boschi, ma fare riqualificazione ambientale, fare un’ordinata programmazione del taglio. Poi però vuol dire anche recuperare aree incolte e per esempio le semplici manutenzioni ordinarie degli elettrodotti, dei gasdotti, dei fiumi, delle pertinenze stradali, cioè tutte quelle cose che oggi vengono fatte poco e male. E che hanno bisogno di un’attività di manutenzione che potrebbe essere svolta senza rappresentare un costo, perché con un apposito piano economico quel materiale potrebbe essere utilizzato per andare a rifornire impianti da biomassa, insieme a tutta quella massa legnosa che arriva dai piani di gestione del bosco».
In che modo pensate di attuare questo obiettivo?
«Siamo consapevoli che le risorse comunali non bastano. Allora io ho bisogno di mettere insieme diversi soggetti (il soggetto pubblico e i soggetti privati) all’interno di un progetto integrato di filiera (pif) e di farci rientrare non soltanto un piano di tagli e gestione ordinaria del bosco, ma anche tutte queste altre attività per l’uso dei residui boschivi ecc.»
Quali sono le prossime scadenze per presentare un pif?
«In realtà si tratta di due scadenze, perché nel Pif dell’anno scorso [che non era andato a buon fine, ndr] avevamo potuto mettere insieme l’agricoltura e il bosco, ora invece sono su due misure diverse. Infatti il nostro obiettivo non è fare un Pif e basta ma valorizzare tutte le attività produttive, specialmente le piccole e piccolissime dei nostri territori, e magari farne nascere qualcun'altra. E proprio oggi alcune aziende agricole si sono dette interessate anche alla valorizzazione agricola del territorio montano: ai frutteti, ai castagni ecc. Ad esempio c’è stato un portatore di interesse che stamattina ci ha detto di produrre quintali di miele, che lo fa sul serio, però ha detto di essere costretto al nomadismo per produrre certi tipi di miele perché qui potrebbe fare solo il castagno e il millefiori, perché mancano susini, peschi e meli. Questo imprenditore agricolo era interessato non solo a recuperare terreni incolti per il castagno, che è il suo primo obiettivo, ma anche a mettere altri tipi di piantagioni perché sono legate a quest’altra diversificazione».
Quindi qualche elemento interessante è emerso dai tavoli di oggi.
«Assolutamente sì e questo andrà a far parte del progetto. Perché questo non è il progetto definitivo».
Tornando alle prossime tappe e scadenze del percorso progettuale, quando escono i bandi dei Pif agricoli e forestali da lei citati?
«Il pif del bosco esce a luglio, ma siccome tanti ci stanno chiedendo anche del castagno e della parte agricola, definiremo nei prossimi giorni se ci sono le condizioni e una consistenza di partecipazioni tale da poter provare anche la misura agricola»
Con che scadenza in questo caso?
«A maggio esce il bando sull’agricoltura, mentre a luglio quello sul bosco. Poi le scadenze per presentare i progetti saranno alcuni mesi dopo».
Il pif di valorizzazione agricola della montagna, se ci saranno le condizioni, sarà mirato per filiera del castagno?
«Sì, le nostre aziende sono interessante in particolare al recupero di castagneti da frutto. L’idea è da una parte utilizzare per fini energetici i residui dei boschi, compresi i castagni che non producono più frutti, e dall’altro pensare anche al recupero dei frutteti e a impiantare nuove tipologie di castagno e intraprendere magari anche la strada verso una produzione tipica di castagne».
Riguardo al Pif per l’uso delle biomasse legnose per produrre energia, in cosa consiste concretamente?
«Prevede sostanzialmente due cose: la realizzazione di sicuro di almeno un impianto di produzione di energia elettrica e calore che deve essere alimentato da queste sostanze. Quindi verrà fatto il calcolo del dimensionamento dell’impianto rispetto alla sostanza che pensiamo di avere a disposizione. Intanto nella parte bassa di Pescia e noi abbiamo lì edifici pubblici molto energivori».
E in montagna?
«Lì, visto che nel Comune di Pescia di edifici pubblici in montagna che abbiano bisogno di molta energia non ne abbiamo, potremmo pensare ad edifici energivori di San Marcello o Piteglio, dove ce ne sono. Senza dimenticarsi che tutta la qualità legnosa che abbiamo sulla nostra montagna è in condizioni di darci dell’ottimo pellet. E allora stiamo pensando a questo: incentivare la sostituzione delle vecchie caldaie a gasolio o gpl con nuove caldaie a pellet di ultima concezione e vendere ai residenti nei comuni in cui viene prodotto il pellet a 1 euro in meno a sacco rispetto ai normali prezzi di mercato, con un importante ritorno per i privati e le famiglie interessate».
Lorenzo Sandiford