Completato il restauro del San Jacopo in Castellare: in programma altri lavori di minor entità.

Un intervento da quasi tre milioni di euro, due dei quali finanziati dalla Fondazione Caript, che ha previsto il recupero edile e impiantistico dell'immobile, il restauro degli apparati decorativi e la sistemazione del giardino esterno. A breve verrà, dunque, restituito alla città uno spazio culturale di grande pregio, che custodisce secoli di storia, ancora ben visibili nel locale dell’ex chiesa dove, attraverso la trasparenza della pavimentazione, è possibile ammirare le tracce arcaiche della struttura architettonica dell’antica abside della chiesa originaria dell’XI secolo e alcune sottostrutture di grande interesse archeologico, riferibili tra I e VIII secolo d.C., che sono state restaurate e illuminate, secondo le disposizioni della Soprintendenza.
Il profondo intervento di recupero ha visto la trasformazione della ex chiesa, soppressa nel 1784 e in seguito adibita a lanificio, in una sala convegni, impreziosita dalla presenza di pitture e un ciclo di affreschi di grande valore, che sono stati oggetto di un restauro specialistico progettato dal personale della Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Firenze e le provincie di Pistoia e Prato . Riqualificati anche l’ex canonica e il grande giardino che la circondano, che saranno accessibili dallo Sdrucciolo del Castellare e da via del Carmine.
Inoltre, nell’arco di breve tempo saranno attivate dall’Amministrazione comunale le procedure di gara per gli arredi interni e per l’identità visiva della struttura (progetto di immagine e comunicazione, segnaletica, pannelli informativi, materiale video e altro).

Il progetto di recupero è stato elaborato dallo studio di progettazione Gurrieri di Firenze e ha interessato il piano seminterrato, che oggi accoglie strutture archeologiche, rinvenute durante i lavori di ristrutturazione, consolidate e strutturalmente isolate dal vano scala e ascensore (che hanno comportato lo spostamento dei terminali di impianto di trattamento dell’aria e di climatizzazione in parte all’esterno e in parte nel sottotetto della ex canonica), il piano terra, sede della ex chiesa, il primo piano e il sottotetto. Tre piani, collegati da nuove scale e un ascensore, in cui sono stati realizzati nuovi servizi sanitari e curate le strutture murarie, lignee e pittoriche, con l’obiettivo di lasciare il più possibile inalterate, e se possibile esaltare, gli elementi costruttivi originari, stratificati nel tempo, dell’immobile, anche grazie alla posa di un pavimento in legno che preserva la parte sottostante degli scavi e li rende, all’occorrenza, ispezionabili. Particolare attenzione è stata posta anche alla parte tecnologica e impiantistica, che consente ogni tipo di proiezione e di utilizzo delle luci, così da permettere di configurare lo spazio come un vero e proprio “polo culturale” modernamente attrezzato.
Un occhio di riguardo anche per il restauro della copertura, il consolidamento delle pareti e per la struttura del solaio ligneo, che consente di godere anche delle tracce architettoniche dei precedenti impianti.
Ogni soluzione è stata individuata con l’obiettivo di rendere la struttura accessibile ai diversamente abili: dall’ingresso della piazzetta è assicurata l’accessibilità dell’intera superficie aperta al pubblico, compresa la visitabilità del giardino.
L’intervento complessivo ha interessato anche la sistemazione del giardino, pronto a diventare una terrazza a verde su via del Carmine, oggi ripulito da una fitta vegetazione infestante e allestito a prato, con il mantenimento di alcuni arbusti. Qui è stato creato un percorso, percorribile anche dai diversamente abili, che si estende lungo le mura e dove, per la messa in sicurezza, è stato installato un parapetto di metallo. Inoltre, la scala molto ripida su via delle Pappe è stata ridefinita per renderla più comoda, con la realizzazione di un passaggio sospeso che crea continuità tra le due superfici verdi che la inglobano.

Il restauro degli apparati decorativi del complesso monumentale – seconda fase
In San Jacopo in Castellare si conservano una serie di affreschi frammentari di notevole rilevanza per l’arte cittadina, realizzati da pittori di cultura pistoiese tra la metà del Duecento e gli anni sessanta-settanta del Trecento. Le decorazioni, spesso sovrapposte in un complesso palinsesto, emergono da una vasta ridipintura generale delle pareti di colore celeste, compiuta all’indomani della soppressione della chiesa nel 1784. Solo una parte di esse era già nota, mentre nuovi importanti brani sono stati scoperti grazie ai recenti restauri. Le pitture più antiche sono state rimesse in luce nell’arco tamponato della parete sinistra con eleganti palmette su fondo nero, clipei con Agnus Dei e frammenti figurativi, e sono riferibili a un pittore d’influenza fiorentina verso il 1250-1270 circa. Nella prima parte della stessa fiancata spicca un bel frammento con una testa barbata di Santo benedicente entro edicola, databile tra 1270 e 1290 circa, la cui figura è nascosta da una vasta decorazione a velari di primissimo Trecento, che, come mostrano altri frammenti, ricopriva la parte inferiore di tutte le pareti.
Si datano, poi, attorno alla metà dello stesso secolo alcuni affreschi riferibili a pittori di formazione locale. Sulla parete sinistra verso la controfacciata vi sono due grandi riquadri: il primo con i Santi Caterina d’Alessandria, Maddalena, Agostino (?) e Nicola di Bari, il secondo con la Madonna col Bambino, San Domenico e orante genuflessa, dipinti della stessa mano negli anni quaranta-cinquanta del Trecento. Forse poco dopo il 1350, un pittore assai dotato e aggiornato sulle novità fiorentine realizzò due frammentari Santi, uno barbato (Benedetto?), l’altro giovane, che presenta un volto fresco e carnoso. Nello stesso giro di anni, un pittore schiettamente pistoiese per formazione, ma di non minore qualità dipinse il Santo diacono (Lorenzo?) alla metà della parete destra, racchiuso in eleganti cornici trilobate.
La decorazione più tarda e importante recuperata nei restauri è quella del catino absidale, risalente al 1360-1375, con il Cristo in Maestà benedicente, entro una mandorla sorretta da due angeli in volo. L’alta qualità rivela un interessantissimo pittore locale caratterizzato da un linguaggio goticheggiante, sensibile alla resa luministica e materica, che prepara la strada ad Antonio Vite, protagonista del tardogotico pistoiese.

La storia di San Jacopo in Castellare
Si suppone che la chiesa, chiamata popolarmente San Jacopino, risalga all´XI secolo, anche se la prima attestazione è datata 1131. Come hanno messo in luce gli scavi nella navata, in seguito ai quali è stata rinvenuta un’abside primitiva, l’edificio sostituì una precedente chiesa paleocristiana. È detta in Castellare perché edificata in una zona sopraelevata all’interno della prima cerchia di mura, sulla quale nel X secolo era stato eretto un fortilizio.
L’aspetto odierno è frutto delle modifiche apportate a metà del Duecento: la navata è stata allungata e sono state aggiunte delle cappelle laterali che ne trasformarono la pianta da basilicale a croce latina. La chiesa, che non svolge più la sua funzione religiosa dal 1784, fu in seguito trasformata in un lanificio, nel quale lavoravano giovani indigenti ospitate nelle Scuole normali leopoldine, nell’edificio che adesso accoglie Archivio di Stato.
«Oggi possiamo mostrare il recupero architettonico e pittorico realizzato su un immobile che versava in condizioni di completo abbandono e che, senza questi lavori, sarebbe stato destinato alla demolizione per il rischio crollo - evidenzia il sindaco Alessandro Tomasi – . Voglio ringraziare i tecnici degli uffici comunali che in questi anni hanno portato avanti un lavoro molto complesso, che nasce dalla disponibilità della Fondazione Caript a cofinanziare l'opera per due milioni di euro. La salvaguardia operata su questo patrimonio deve adesso andare di pari passo con le funzioni da ospitare all'interno, perché questo possa realmente essere un luogo vivo, aperto, ricco di eventi culturali e artistici. In questa struttura troverà inoltre "casa" la Società pistoiese di Storia Patria.»
«Si tratta di un investimento molto significativo – sottolinea il presidente di Fondazione Caript Lorenzo Zogheri - dato che abbiamo sostenuto due terzi dei costi complessivi di questo intervento, sostenendo anche i costi per le indagini conoscitive preliminari, gli studi e la progettazione del recupero del complesso. Questo recupero rappresenta, dunque, un ulteriore contributo che diamo a valorizzare in chiave culturale il centro storico di Pistoia, come facciamo con le sedi espositive negli adiacenti Palazzo de’ Rossi e Palazzo Buontalenti, con il nuovo museo di San Salvatore, con l’Antico Palazzo dei Vescovi di cui va avanti il restauro e come abbiamo fatto con altri progetti come quello per il nuovo giardino di Palazzo Fabroni».

Redazione

Meteo locali