Compie un anno “Ci provo e… mi piace” il progetto rivolto alle persone con disabilità gravi per aiutarle a vivere autonomamente al di fuori della propria famiglia.

Patrizia Baldi, Direttore della SdS Valdinievole, spiega come questo progetto «rappresenta il proseguimento di un percorso decennale avviato dalla Società della Salute insieme alle associazioni del territorio. Sono state infatti varie le esperienze, anche sperimentali, a cui abbiamo dato vita per favorire l’autonomia delle persone disabili. La grande sfida che ci si pone davanti è quella di supportare queste persone nel difficile percorso di distacco dalle proprie famiglie per tentare nuovi modi di vivere. I genitori hanno bisogno di un sostegno e di sapere che i propri figli potranno continuare a vivere una vita dignitosa anche quando loro non ci saranno più. È il grande tema del Dopo di Noi».
Grazie ai fondi stanziati dalla legge sul Dopo di Noi questo progetto ha potuto prendere vita ricevendo un contributo di circa 300mila euro per tre anni e coinvolge 50 persone disabili gravi residenti in Valdinievole.
«Abbiamo deciso – afferma Alice Martini, responsabile del progetto – di aderire a un bando della Regione Toscana presentando un’idea che è il frutto della collaborazione fra Sds e Terzo Settore». Al progetto, insieme all’ente pubblico, partecipano infatti: le cooperative sociali Gli Altri, Arca, La Fenice, la Fondazione Mai Soli e il consorzio sociale Comars. Sono soggetti sostenitori la cooperativa La Spiga di Grano e le associazioni Azzurra e Tuttinsieme.
Al fine di accrescere l’autonomia delle persone durante questo primo anno di progetto sono state svolte varie attività laboratoriali e diverse uscite sul territorio che come spiega Alice Martini «sono attività semplici, che fanno parte della quotidianità di ognuno di noi, ma che per una persona disabile possono risultare difficili, a volte impossibili: dall’andare a fare la spesa alla preparazione di un pasto, fino alla cura dell’igiene personale e alla partecipazione a momenti di svago. Il passo successivo sarà la sperimentazione di periodi al di fuori della famiglia, in appartamenti dove i ragazzi coabiteranno, sempre sostenuti e seguiti da operatori specializzati. Si tratta di nuove forme di accoglienza alternative alla struttura, che ricalcano il modello della famiglia. Tutte le persone, disabili e non, oltre alla capacità di compiere delle attività in autonomia, hanno bisogno di una casa e di costruire legami».

Redazione

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