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La manifestazione dell’ITAS “D. Anzilotti” di Pescia è giunta al suo decimo anno e ha festeggiato il suo prestigioso appuntamento ampliando le attività che coinvolgono gli studenti (quest’anno protagonisti di un panel test effettuato per tre giorni consecutivi alla Coop.fi di Massa e Cozzile). Oggi si è tenuto il consueto convegno con esperti e professionisti del settore per illustrare ai ragazzi dell’Istituto la nuova frontiera dell’olivicoltura e il ruolo determinante che potranno avere per rivoluzionare il comparto.

La dirigente dell’Istituto Francesca Giurlani ha aperto la mattinata sottolineando l’importanza di manifestazioni come Olea per la loro capacità di far emergere le ultime novità provenienti dalla ricerca e dalle aziende. Novità che sono sempre più necessarie alla scuola per poter restare al passo coi tempi e formare giovani in grado di inserirsi nel mondo del lavoro apportando nuove conoscenze e competenze.
La dott.ssa Sbragia, Commissario Capo del Corpo Forestale dello Stato per la Toscana e referente provinciale del settore agroalimentare, è intervenuta sul tema della lotta alle frodi commerciali, gravi quanto quelle sanitarie. A livello regionale l’attività del Corpo Forestale si è incentrata in questi ultimi anni sulla lotta ai fenomeni di falsificazione e contraffazione e al contrasto di pratiche commerciali ingannevoli. Un operato a totale garanzia del consumatore, che deve essere sempre più informato.
La dott.ssa Sonia Esposto del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari ed Ambientali dell’Università di Perugia, ha invece spiegato ai ragazzi tutti gli aspetti che fanno la qualità dell’olio extravergine di oliva. Si tratta di parametri chimici e fisici di difficile interpretazione sensoriale per cui la dott.ssa Esposito ha illustrato i vari sensi coinvolti nell’assaggio dell’olio: l’olfatto valuta l’odore con la via nasale diretta e l’aroma con la via retro-nasale; il gusto, tramite la lingua, valuta l’amaro; e il tatto, tramite il nervo trigeminale, valuta gli attributi: pungente, astringente e metallo. L’udito e la vista sono invece aspetti non coinvolti nella valutazione della qualità dell’olio.
Determinanti per la conservazione delle proprietà sono anche la biodiversità, l’ambiente e gli aspetti logistici e tecnologici, che influenzano il prodotto a partire dalla raccolta fino ad arrivare alla bottiglia.
La dott.ssa Daniela Vannelli, presidente di “Donne in campo della Toscana” e assaggiatrice di olio di oliva, che ha lavorato con gli studenti delle quinte per effettuare i panel test alla Coop.fi di Massa e Cozzile, ha fatto svolgere ai presenti una prova di assaggio di due oli diversi per far comprendere l’importanza di quello che era stato detto finora. L’esperienza con gli studenti dell’ITAS “D. Anzilotti” è stata talmente positiva che probabilmente il prossimo anno Coop.fi permetterà loro di effettuare gli assaggi all’interno del supermercato con i prodotti che sono presenti a scaffale.
Infine, il prof. Tiziano Caruso, onorario di Scienze Agrarie e Forestali, Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali dell’Università di Palermo, ha illustrato la sfida della nuova olivicoltura 4.0, ovvero una via alternativa che si pone a metà fra la tradizione italiana e il modello intensivo spagnolo. Lo scopo è rispondere al deficit di 400mila tonnellate di olio, che mancano oggi alla produzione italiana, facendo leva sulla biodiversità unica che l’Italia detiene. La sperimentazione 4.0 è stata effettuata con piantine di 60-70cm di tutte le varietà siciliane rintracciate, perfino quelle più antiche, e coltivate con la fertirrigazione con impianti superintensivi “a parete”. Il risultato è stato che tre varietà siciliane neglette hanno dato produzioni superiori ad Arbequina.
«Lo stesso vivaismo pesciatino che ha fatto la storia del settore in tutto il mondo deve prendere spunto dalla nostra esperienza di olivicoltura 4.0 perché non si può continuare con la vecchia gestione del passato. Si deve andare verso una riduzione degli sprechi di risorse, come l’acqua, semplificare il lavoro utilizzando le macchine e le nuove tecnologie e, soprattutto, rendere produttivo un impianto già dopo due anni, senza doverne aspettare otto.» La vera sfida per il prof. Caruso spetta ai giovani che, con le nuove competenze e lavorando in modo interdisciplinare anche con altri professionisti, possono dare vita a nuovi modelli di produzione, esportabili all’estero, visto che in Italia il numero di ettari da coltivare è ormai insufficiente a soddisfare il fabbisogno interno e di export.

Anna Lazzerini

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