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Nell’era in cui tutti possono diventare editori grazie ai social diventa determinante capire come si fa davvero informazione ed, eventualmente, come fornire in modo inequivocabile la propria idea sui fatti. Le conseguenze, altrimenti, non tardano ad arrivare: sanzioni, sospensioni dal lavoro o, in casi estremi, la pena di morte.

Le competenze di chi fa editoria sono svariate, fra queste, la prima, ovvia quanto fondamentale, è saper scrivere, ma non basta: bisogna tracciare con la penna, o la tastiera, un’informazione chiara e inequivocabile al pubblico dei lettori.
Soprattutto nell’attuale era dei social si fa determinante anche un altro aspetto dell’editoria, ovvero non ledere il diritto d’autore e l’immagine di aziende o persone. Sui social stessi bisogna fare dunque estrema attenzione perché essi sono soggetti all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) e il rischio di non rispettare le regole può condurre a pesanti sanzioni.
Sono due le recenti notizie emblema di questo aspetto, la prima viene da Campobasso, dove un dipendente è stato prima oggetto di una sospensione di due giorni dal lavoro per aver pubblicato su Facebook contenuti ritenuti offensivi dalla sua azienda. Poi quest’ultima ha provveduto al licenziamento del dipendente per presunti accessi al social durante l’orario di lavoro. Il caso, denunciato dai sindacati, fa emergere chiaramente la necessità di fare attenzione a quello che si scrive pubblicamente.
L’altra notizia, ben più complessa e comunque rappresentativa di un caso estremo, è la recente condanna a morte di un uomo da parte di un tribunale pakistano per blasfemia sui social, con l’accusa di aver insultato il profeta Maometto su Facebook. Questi esempi sono anche in parte provocatori, quello che è certo che Agcom, anche di recente a Palermo per voce del suo presidente Cardani, indaga su siti, blog, spazi social che veicolano #FAKENEWS, #CYBERBULLISMO, e che ledono la #WEBREPUTATION delle persone con notizie false, artefatte. Posto infatti che una stampa generalista non possa, visto che l'informazione di qualità è un bene pubblico in un paese democratico, prescindere da contributi giornalistici autorevoli, professionali, trasparenti, responsabili.

Redazione

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