Gli ambulanti in piazza insieme ai colleghi delle attività commerciali chiuse. La rabbia: «Pretendiamo subito la riapertura dei banchi e ristori massicci».
Ieri, in piazza Duomo di Pistoia la protesta degli ambulanti toscani uniti nel grido «Vogliamo poter lavorare!». La mobilitazione è partita proprio dalla piazza dove di solito vengono posizionati i banchi del mercato. A manifestare al fianco degli ambulanti anche parrucchieri, estetiste, negozianti di abbigliamento e ristoratori pistoiesi, tutti uniti dal bisogno e l’urgenza di tornare a lavorare. Presenti molte sigle di categoria come Assidea, Confesercenti, Anva e Fiva Confcommercio che contemporaneamente ha trasmesso la richiesta ai prefetti di Pistoia e Prato, così come in tutta Italia.
Per confrontarsi con i manifestanti era presente il sindaco Tomasi che ha espresso la sua vicinanza.
Gli ambulanti chiedono l'annullamento del suolo pubblico per l’anno in corso, uno fiscale in bianco con interventi contributivi e soprattutto la riapertura di tutti i mercati.
Le parole dei partecipanti dimostano come ormai le categorie siano stremate dalla prolungata presenza in zona rossa.
«Il fieno nella stalla sta finendo, chiediamo con forza di poter lavorare, tornare a fare i mercati – ha affermato Biagio Occhipinti, uno degli organizzatori della manifestazione insieme ad Antonio Gualtieri – e lo urliamo a gran voce visto che questo sistema di chiusure ha dimostrato che forse il problema non siamo noi, dal momento che i contagi non diminuiscono. Tra l’altro siamo un settore del commercio più sicuro di altri: lavoriamo all’aperto, possiamo rispettare benissimo distanziamento e norme anticontagio. Ecco il nostro dissenso verso i provvedimenti presi da questo governo, non solo in merito alle chiusure, ma anche sotto il punto di vista dei ristori, totalmente inadeguati». «Sono un ambulante del mercato di Pistoia dal 1974 – ha detto Luca Cipriani –. Non mi sarei mai creduto, alla soglia della vecchiaia, di dover tornare in piazza a combattere per il diritto al lavoro. I mercati non sono luogo di contagio, e certo sicuramente in maniera inferiore alla grande distribuzione. La dignità di un uomo si vede dal lavoro, se glielo togli lo privi della possibilità di vivere. Siamo qui per chiedere di lavorare, sia in zona rossa o arancione».
Redazione