La Federazione Provinciale del PCI (Partito Comunista Italiano) di Pistoia si oppone al progetto Multiutility, promosso e portato avanti dal PD fiorentino e regionale, che interessa tutti i Comuni della Province di Pistoia, Prato e Firenze ma che, successivamente, sarà esteso a tutti i comuni della Toscana.

Ecco quanto si legge nel documento emanato dal Coordinamento Regionale del PCI in merito alle motivazioni dell'opposizione.
"No all’affermazione di logiche di profitto sui beni pubblici essenziali. No alla finanziarizzazione dei servizi che premia il mercato aprendo la via a ipotesi speculative. Il Pci si batte per un governo democratico delle risorse che valorizzi la centralità dei territori, il peso delle comunità, il ruolo delle assemblee elettive.
1. Nella scorsa primavera, sulla scorta di un percorso lungo (avviato a suo tempo da Renzi) politicamente avallato dal pronunciamento dell’attuale Giunta Regionale, è stato dato il via al processo di costituzione della società denominata “MultiUtility Toscana 1”. L’obbiettivo è stato da subito chiaro: quello della creazione di un colosso industriale dei servizi (acqua, rifiuti, gas/energia) in grado di rastrellare le azioni e i capitali di circa sessanta Comuni dell’area fiorentina e non solo (Firenze, Empoli, Prato e Pistoia), incorporando in “Alia” l’attività di più società miste di gestione già presenti; passaggio necessario per la successiva quotazione in borsa della “Holding Toscana Spa” col fine ultimo di aprire la strada all’ingresso di tale soggetto sul mercato finanziario nazionale ed internazionale.
2. Si tratta di un’operazione politica di cui vanno denunciati con forza il carattere mistificatorio e i pericoli, laddove sotto l’egida “proclamata” di un controllo societario a maggioranza pubblica (il 51%), si introducono su beni essenziali che per loro natura devono restare indisponibili alla speculazione; processi tesi a premiare logiche legate al profitto e all’aziendalizzazione (compresa una probabile feroce riorganizzazione del lavoro e dei servizi) a discapito della difesa degli interessi dei cittadini e dei lavoratori, del controllo e della calmierazione delle tariffe; a discapito del peso delle comunità e dei territori, a discapito della funzione decisionale e di controllo delle assemblee elettive. Si punta alla costruzione di un colosso gestionale e finanziario sottratto al controllo popolare il cui indebitamento dichiarato utile alla sua capitalizzazione (4,5 miliardi di euro in cinque anni), sarà al servizio dei dividendi e non degli investimenti il costo dei quali (sia per i rifiuti che per l’acqua) sarà pagato in tariffa dai cittadini, dalle famiglie, dai lavoratori. Il punto è che quando a decidere indirizzi politici e di governo di beni pubblici essenziali non sono più i Comuni e le collettività ma i consigli di amministrazione di Società che rispondono a logiche azionarie, a pressioni speculative, a risultati che non riguardano l’efficientamento e il miglioramento oggettivo dei servizi; quando la cifra di valutazione non è il “bene comune” ma l’andamento delle quotazioni in borsa e il termometro di riferimento non è la difesa dei cittadini ma quanto, come e se aumentano o meno i dividendi relativi a risorse quali acqua, rifiuti, gas-energia; siamo di fatto in presenza dello stravolgimento del Referendum popolare sull’acqua del 2011, siamo dinanzi ad una spinta privatistica e a dinamiche di gestione in grado di corrodere dall’interno spirito e presenza della mano pubblica quale baluardo e garanzia degli interessi collettivi; siamo di fronte ad un attacco alla Costituzione, ad un’aggressione “in doppiopetto” alla democrazia.
3. Il PCI non ci sta!
(a) Serve, la costruzione paese per paese, città per città, di un movimento democratico diffuso, popolare, a difesa del carattere indisponibile (a mercato e speculazione) di beni pubblici quali acqua, gas-energia, rifiuti. Un movimento in grado di contrastare la deriva liberista che da troppo tempo, in Toscana, segna la cultura politica e le scelte di gruppi di potere trasversali e di forze al comando quali il Pd, che hanno ceduto spazio a privatizzazioni e permesso il restringimento dei diritti.
(b) Serve il rilancio immediato di un piano di interventi e gestione totalmente pubblico attraverso l’azione consorziata dei Comuni. Un moderno piano che riporti nelle mani delle comunità locali i servizi (in questi anni sciaguratamente “esternalizzati”, di fatto privatizzati) secondo parametri di utilità e di efficienza nella gestione, che non possono sopportare sprechi, ritardi, inutili pesi burocratici.
(c) Serve che tutti gli utili e gli investimenti siano destinati per intero all’efficientamento della rete di distribuzione dei servizi e al contenimento delle tariffe il cui peso ricade oggi gravemente sui lavoratori, le famiglie, le piccole e medie imprese, le fasce più povere della popolazione. Il PCI lancia un appello di mobilitazione e di lotta in difesa del “bene comune” e di “beni comuni essenziali” quali acqua-rifiuti, gas-energia, valutando ogni forma di opposizione sul terreno istituzionale (raccolta di firme, class act, referendum popolari, eccezioni di carattere costituzionale) e sul terreno popolare e democratico per impedire tale attacco alla democrazia sostanziale e ai diritti universali dei cittadini e dei lavoratori".

La Federazione Provinciale di Pistoia, ieri 17 ottobre, ha trasmesso a tutti i Sindaci e Consiglieri Comunali delle amministrazioni comunali della Provincia, l’invito a bloccare l’iter e a non aderire al progetto multiutility. Qui la comunicazione inviata.
Qualora le amministrazioni dovessero aderire, il PCI si farà promotore di iniziative volte a rendere edotta la cittadinanza sulla effettiva portata di questo provvedimento che mira a privatizzare una risorsa fondamentale come l’acqua, ma anche la raccolta dei rifiuti e il gas, con ricadute pesantissime sulle future tariffe di questi settori.

Redazione

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