In occasione dell'anniversario della morte di Pino Daniele, ripubblichiamo un nostro articolo, scritto per la triste notizia che ci raggiungeva lo scorso 4 gennaio 2015.
Pino Daniele sentiva la Toscana vicina a sé al punto che ci aveva preso casa. Quella casa, nelle campagne tra Orbetello e Magliano, in Maremma, dove ieri notte (ormai lo scorso 4 gennaio 2015) si è sentito male. Il famoso cantautore napoletano, avrebbe compiuto 60 anni il 19 marzo, ma oggi apprendiamo la notizia della sua morte, stroncato da un infarto. Nel corso della sua stupefacente carriera Pino Daniele si era esibito molte volte in Toscana, forse una delle ultime volte allo stadio dei Pini di Viareggio, dove contribuì alla raccolta fondi per le vittime della tragedia ferroviaria.
Il suo essere artista era contraddistinto da un cuore grandissimo, contaminazioni e collaborazioni di vario genere e provenienza. Ci piace ricordare la sua straordinaria amicizia con Massimo Troisi e la collaborazione per le musiche dell’ultimo film di Massimo: “Il Postino”. La grande capacità di Pino Daniele, oltre all’indiscusso talento di musicista, è stata proprio quella di far perdere agli spartiti il codice della lingua, raggiungendo una sorta di esperanto. Mi ricordo che una volta ero a Napoli per lavoro e dei napoletani mi dissero: "Whee!! Ma le canzoni di Pino Daniele non sono mica in Napoletano, manco le comprendiamo noi..." Questo a testimonianza dell’uso di una lingua, o cantato speciale, che ha reso le sue canzoni universalmente conosciute e amate da tanti.
Per la triste notizia ho sentito un amico musicista, Enrico Mariani, con cui ho ripercorso il fervore degli esordi di Pino Daniele, di cui entrambi siamo grandi amanti. Enrico ha iniziato a fare musica davvero presto, nato nel '58, nel '72 era già entrato in un gruppo locale che si esibiva due o tre volte a settimana, i Cobra. «Nel '76, giovanissimo, mi sono sposato e sono tornato in Via di Campolasso a Pescia, qui durante i lavori per la mia nuova casa un Pino Daniele ancora sconosciuto ha rallegrato le mie giornate con la sua "Che Calore". Io e mia moglie la sentivamo ad ogni ora del giorno, trasmessa dalla radio.»
In quegli anni Enrico sviluppa ulteriormente la sua tecnica e porta avanti il suo amore per la musica, sempre più incuriosito dalle canzoni di Pino Daniele. «Pino in quel periodo sdoganò l'utilizzo di un inglese inventato nelle canzoni. In tanti cantavano in un inglese "alla bona", era già tanto se si azzeccava il ritornello. Ma Pino fece un piacere a tutti, rendendolo ufficiale.» Un altro grande merito di Pino Daniele è stato quello di portare in Italia il blues: «Con musicisti da Napoli centrale riuscì a realizzare un blues incredibile. A quei tempi per gli spartiti bisognava aspettare troppo e allora stavamo a giornate intere ad ascoltarlo per imparare gli accordi di queste canzoni blues.»
Pino Daniele dal '76 al '78 è diventato una star, un artista di alto livello grazie alle persone che lo seguivano e che avevano creduto in lui. «Noi musicisti guardavamo a Pino con ammirazione perché ce l'aveva fatta. Si godeva proprio nel sentirlo. Non c'era invidia, si era felici con lui. Aveva riscattato un genere musicale in Italia e soprattutto Napoli. Inutile negare che chi veniva dal sud non era discriminato. Mi ricordo molto bene come venivano trattati a Pescia i ragazzi che provenivano da Napoli: con razzismo. Ecco allora che Pino, cantando in napoletano, aveva dato voce al meridionale. Basti pensare che prima di lui c'era Merola! Pino ha fatto conoscere l'allegria e la profondità di Napoli, non la tragedia napoletana. Ha raccontato l'intimità di un popolo e la sua povertà, non certo d'animo.» In quel periodo, in cui Pino Daniele è stato molto prolifico, «quando dopo cena suonavamo sempre e solo le sue canzoni», la musica era condivisione: c'era interesse nell'ascoltare non c'era gelosia delle tecniche, non c'era rivalità, ma solidarietà.
AV