Una mostra di un coreografo dentro un museo: accadrà al museo Pecci di Prato e sarà la prima personale in un museo, curata da Antonia Alampi, del noto coreografo francese Jerome Bel- Dal 29 aprile al 27 giugno la mostra sarà una parte di una rete di iniziative che coinvolgeranno linguaggi e modi diversi di rappresentazione.
I film e gli spettacoli di Jerome Bel sono già stati presentati nei musei di arte contemporanea e biennali più famosi, dalla triennale di Yokohama al MoMa di New York, dal dOCUMENTA(13) alla Tate Modern di Londra o il centro Pompidou di Parigi. Quella di Prato, dal 29 aprile al 27 giugno 2017, è la prima personale.
«I linguaggi del contemporaneo si intersecano e si contaminano. Questa mostra lo conferma ed è importante che avvenga in un museo. C'è bisogno di contemporaneità» sottolinea la vice presidente ed assessore alla cultura della Toscana, Monica Barni.
«La mostra – aggiunge - è peraltro parte di una rete di iniziative: oltre alla mostra a Prato, Jerome Bel sarà presente con uno spettacolo, prima nazionale, a Fabbrica Europa alla stazione Leopolda di Firenze il 10 e 11 maggio. Domani (27 aprile ndr) parteciperà ad una conversazione, sempre a Prato, con Kinkaleri. E di nuovo dunque linguaggi e modi diversi di rappresentazione che si intrecciano: con un obiettivo comune però, quello di far partecipare e coinvolgere sempre più i cittadini sulle tematiche molto complesse dell'arte contemporanea, che ha bisogno di educazione.»
L'iniziativa è stata presentata ieri a Palazzo Strozzi Sacrati a Firenze. Jerome Bel e il suo lavoro saranno presenti al Pecci con alcune opere filmiche e una performance di mezzora - "Compagnia Compagnia" - che andrà in scena ogni domenica per tutta la durata della mostra accanto. Ci sarà anche un ballerino impegnato, tutti i giorni, in un ballo continuo: "Danzare come se nessuno stesse guardando", opera concepita appositamente per il Pecci. Il tutto accompagnato da una serie di immagini dedicate al teatro – anzi, ai diversi tipi di teatro - e al palcoscenico, per raccontarne sviluppo e metamorfosi.
Intitolata "76'38'' + infinito", la mostra allude nel titolo alla somma delle lunghezze dei video esposti ed e' un incoraggiamento a osservare i lavori dall'inizio alla fine. Come la definisce lo stesso autore, è una "drammaturgia della dis-alienazione", con cinque opere chiave realizzate negli ultimi venti anni che partono dal teatro e raccontano il rapporto tra cultura capitalistica e individuo, il ruolo del segno (e del brand) e di quanto ci condizioni nella vita di tutti i giorni, la gerarchia nella danza classica e la rottura poi di quelle convenzioni nel ballo moderno.
«È un'arte che ha l'obiettivo di porre domande più che dare risposte» sottolinea durante la presentazione Irene Sanesi, presidente della Fondazione per le arti contemporanee di Prato.
«Il Pecci, riaperto grazie all'aiuto della Regione – conclude Fabio Cavallucci, direttore del museo –, si è posto un obiettivo per questa seconda vita: essere il centro delle arti contemporanee. Ed è quello che stiamo facendo, con uno spazio cinema che funziona a pieno regime, i concerti e l'attività sulla danza». Un modo di fare arte dove sempre sempre più emerge la performance e dunque la dimensione del tempo rispetto a quella dello spazio.
L'ultima parola è dell'assessore alla cultura del comune di Prato Simone Mangani, che ringrazia tutti coloro che hanno partecipato al progetto. Anche il teatro e Fondazione Metastasio hanno collaborato. «Da parte nostra come Comune – dice - continueremo ad investire sul museo Pecci».
Redazione